Raffaele Aversa
Raffaele Aversa, "Lello" per gli amici, nacque a Labico (Roma) dove il padre comandava la locale stazione dei Carabinieri, il 2 Settembre 1906. Completò gli studi presso il Liceo Ginnasio "Pietro Colletta" di Avellino dove fu alunno dello storico Vincenzo Cannaviello, ricordato con accorato sentimento in un suo libro. Ancora adolescente si arruolò anch'egli nei Carabinieri e fu allievo a Roma, sottouficiale a Firenze ed infine ufficiale all'Accademia di Modena. Partecipò volontario alle campagne d'Africa e di Russia, meritando due croci di Guerra. "Lello" Aversa, un carabiniere alto, robusto, dal viso franco e simpatico, imponente ed orgoglioso nella sua sgargiante divisa. Per comprendere meglio i fatti che lo videro protagonista, è necessario richiamare alla memoria quel tragico periodo che fu I'ultima guerra ed in particolare I'armistizio dell'8 settembre del 1943 che apri una crisi politica militare, dove I'occupante tede-sco, da alleato diventa nemico, per cui usa la strategia di ritardare il giorno della sconfitta, prolungando la guerra sul suolo italiano. Lo stesso territorio nazionale è diviso in due opposti schieramenti. Anche gli italiani sono divisi. In queste circostanze, i carabinieri, specialmente nella parte occupata dai tedeschi, danno prova di responsabilità e consapevolezza; ri-mangono fedeli alle legittime istituzioni, adeguandosi alle difficili situazioni locali e resistendo agli ordini, incompatibili col giuramento prestato. II tributo di sangue è altissimo; nell'arco della seconda guerra mondiale, I'Arma conta, fra caduti, dispersi e feriti, circa ventimila uomini. Anche dopo I'armistizio, la legge spietata della guerra fa le sue vittime fra gli appartenenti all'Arma, fra cui ricordiamo Salvo D'Acquisto, che, pur innocente, si sacrificò per salvare la vita a 22 ostaggi; i tre carabinieri di Fiesole, emuli del precedente ed infine gli undici fucilati alle FOSSE ARDEATINE (fra cui il Nostro) che, con altri 324 ostaggi, furono orrendamente trucidati, in omaggio alla barbara, feroce ritorsione teutonica. In questo clima di disfacimento e di confusione, il Capitano Aversa, agì nella capitale in momenti particolarmente difficili, per la presenza delle truppe di occupazione tedesche e per lo sbandamento dell'esercito italiano. Egli fu protagonista dell'arresto del Duce a Villa Savoia, per ordine del Re, dopo la tempestosa ultima seduta del Gran Consiglio dei Fascismo del 25 luglio 1943. Per questo episodio, che andava interpretato come una normale operazione di polizia, Raffaele Aversa fu segnalato nel libro nero della reazione fascista e del Comando germanico a cui era stato segnalato dai gerarchi della fantomatica Repubblica di Salò. Nonostante l'incombente pericolo, non volle abbandonare il servizio attivo perchè ligio al motto dell'Arma "NEI SECOLI FEDELE" e malgrado vestisse panni borghesi (sollecitato alia prudenza dai colleghi) per nascondere la sua identità si presentava sotto il nome di Dr. Albano, procuratore del re di Avellino. Fu arrestato dalle SS mentre si recava dal suo diretto superiore "tenente col. Frignani" affinchè concedesse I'autorizzazione a quanto egli aveva predisposto per I'insurrezione armata dei Carabinieri a poche ore dallo sbarco degli Anglo Americani ad Anzio. Tradotto senza scampo a Via Tasso, nelI'ottobre del 1943, subì due mesi di inenarrabili torture e forse si sarebbe salvato, se non fosse avvenuto, nel frattempo, I'attentato di Via Rasella che spinse i tedeschi all'inumano quanto inutile eccidio delle Fosse Ardeatine. Di fronte al plotone di esecuzione, mantenne un atteggiamento fiero e sereno, offrendo la vita per il bene supremo della Patria. Era il 24 marzo del 1944. Alla memoria del martire fu decretata la massima onori-ficenza militare, vale a dire la medaglia d'oro, con la seguente motivazione: "Ufficiale dei Carabinieri, Comandante di una compagnia della Capitale, opponeva dopo I'armistizio, all'azione aperta ed alle mene subdole dell'oppressore tedesco e del fascismo risorgente, il sistematico ostruzionismo proprio e dei dipendenti. Sfidava ancora i nazi-fascisti sottraendo i propri uomini a ignominiosa cattura. Riannodatene le file e raccolti numerosi sbandati dell'Arma, ne indirizzava le energie alla lotta clandestina, cooperando con ardore, sprezzante d'ogni rischio, a forgiare sempre più vasta e possente compagine. Arrestato dalla polizia tedesca come organizzatore di bande armate, sopportava per due mesi, nere prigioni di via Tasso, sevizie e torture che non valsero a strappargli alcuna rivelazione. Fiaccato nel corpo, indomito nello spirito sempre drizzato fieramente contra i nemici della Patria, cadeva sotto la mitraglia del plotone di esecuzione, alle Fosse Ardeatine".
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